Esiste ancora l'arte concettuale?

Vincenzo Agnetti - Libro dimenticato a memoria - 1969
L'arte concettuale fu un punto d'arrivo, in quel dato tempo; può essere un punto di partenza, ma non rimanere tale e quale, perché tutto attorno a noi cambia, tutto muta, tutto si evolve.
Premesso che secondo me, ognuno deve essere se stesso, senza andare appresso a correnti vecchie o nuove, e' probabile che se hai danaro da investire, diventerai più famoso di chi vale di più, artisticamente e concettualmente, ma non sa o non può, per ragioni economiche, sponsorizzare se stesso. Ma, davvero passerai alla storia come
i grandi interpreti del cubismo, dell'astratto, dell'informale, del concettuale, che iniziarono il loro percorso artistico dalla matita, giungendo poi a recepire la necessità del cambiamento per slancio personale, alla ricerca di una soddisfazione che non trovavano più nelle tecniche e nei linguaggi già sperimentati, da altri o da se stessi?
Lasciatemelo dire: vedo in giro tante mostruosità prive di valore, orrori tali che a volte sarei tentata di rinunciare...
Per quanto sia vero che nessuno recepisce per sé di essere un mediocre e se ha danaro da investire lo investe, dubito che se non si è diversi, particolari, originali, si possa passare la selezione impietosa che fa il tempo. Magari farsi un curriculum potrebbe, forse, servire a vendere qualcosa... dubito anche di questo....in verità, per fare la storia, secondo me, ci vuole innanzitutto di essere diversi dalla massa.
Se davvero si ha qualcosa di nuovo da dire anche il curriculum, perché no, che sia fatto di mostre o cataloghi potrebbe servire. Diversamente, assolutamente no.
Per quel che mi riguarda, non trovo utile sprecare danaro in queste cose, e non ne ho da buttare. Continuo per la mia strada se pur scandalizzata di ciò che vedo intorno. Aggiungo però, che sono stanca di sentire come e cosa deve essere, fare o pensare un artista “vero”.
Quello che ammiro in un artista degno di questo nome, è l'originalità, il distinguersi dalla massa, il non essere scontato; la ricerca personale, la tecnica acquisita applicata con tocco geniale e personale. “Impara le regole come un esperto, così potrai romperle come un artista” è una nota frase di Pablo Picasso.
Ma, se tu usi, ad esempio, un oggetto di uso comune, perché è rotto, per rappresentare un concetto, per fare “arte,” diciamo così, senza avere un vissuto fatto di una specifica ricerca alle spalle (includendo lo studio dal vero e la pittura figurativa), pur comprendendo la tua voglia di libertà, interpreto che hai fatto una scelta obbligato dal fatto che non sai fare altrimenti. Il vero problema, non consiste, infatti, nell'oggetto rotto, ma nel fatto che benché tu non sappia tenere la matita in mano, esponi quello che ti pare, facendolo passare per “arte”, ad un pubblico che si fida di una critica a pagamento e di curatori e galleristi incompetenti. E magari ci butta i suoi soldi.
Di questi tempi, ahimè, sono pochini gli artisti che hanno qualcosa da dire, e sanno al contempo dirlo. Ancor di meno sono quelli che lasciano tracce importanti e che facciano ben sperare per il futuro dell'arte italiana. Ovvio che non condanno chi si rifà ai movimenti storici, ma , solo se è capace di innovarli, di adeguarne il linguaggio alla propria visione contemporanea, secondo me, merita di essere considerato. Sennò, che lasci stare, faccia altro! Le proprie scelte dipendono da onestà intellettuale e non sono solo la pezza a colore sulle proprie incapacità? Bene, allora vale la pena di continuare, di studiare meglio, di sperimentare ancora.
Conoscete voi attualmente iperrealisti, surrealisti, metafisici, preraffaelliti, futuristi, cubisti  o paesaggisti? Impossibile che siano genuinamente tali perché il contesto storico non è lo stesso, le esigenze della modernità non coincidono con quelle delle avanguardie storiche. Vogliamo decontestualizzare? Bene, decontestualizziamo tutto e tutti, giustificando ciò con l'esigenza di far coincidere le espressioni artistiche attuali con delle correnti specifiche, ma, ma, ma ciò è vuoto, è privo di senso!
Il figurativo, per esempio, va di moda alla grande, ma, un momento: è davvero sempre fatto “ad arte”? Perché se fare “ad arte” qualcosa è importante sempre, tanto più lo è se si vuol fare dell'arte figurativa! Se è di moda il figurativo, bene o male, bello o brutto che sia, va anche tanto di moda condannare altre forme di espressione artistica. Personalmente, pur non avendo mai messo da parte il figurativo, mi identifico anche in altri linguaggi e stili e, anzi, ve ne sono che, anche se non li sperimento, mi intrigano, come ad esempio l'arte concettuale. Ma esiste davvero l'arte concettuale oggi?
Per quanto mi riguarda, ho da sempre disprezzato il lavoro di quelli che copiano o imitano le opere altrui anche se talvolta travestendolo da "omaggio" a questi o a quello.
Ma se un artista è esagerato però originale, potrebbe non piacere, oppure sconvolgere, se il suo scopo è sconvolgere, e ci riesce, bravo!
C'è un critico - storico dell'arte abbastanza noto che intende “rivoluzionare” l'arte prendendosela con l'arte concettuale...Il compito di un critico d'arte, non dovrebbe essere quello di scoprire ed incoraggiare il talento?
Tutte le forme di espressione artistica hanno il loro giusto valore collocate nel dato momento storico. L'arte concettuale nacque in un periodo di profondi cambiamenti sociali, a metà degli anni 60, con l'ideale di valorizzare il concetto rispetto al manufatto, la semiotica dell'opera anziché l'immagine narrata del pensiero immaginifico.
Ha senso parlare di arte concettuale ai nostri tempi? Visto in seno al periodo storico che fece divenire grandi gli artisti concettuali, quel movimento conserva sicuramente intatto il suo valore di comunicazione e di sperimentazione. Fu, allora, un movimento in controtendenza. Oggi che il termine “concettuale” è spesso abusato, oggi che, ahimè, fa tendenza, è snaturato e dunque, non ha più senso! Da ciò all'oscurantismo, al negarne il valore storico e culturale, come fa quel tale critico, però, ci corre un abisso!

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